È astigiano il Joe Temerario delle Frecce Tricolori.
Parlando di lui è quasi impossibile non lasciarsi prendere dall’immaginazione letteraria o filmica. Simone Cavelli, 34 anni, di Asti, incarna infatti una figura simbolo dell’immaginario collettivo del nostro paese, quella del pilota delle Frecce Tricolori. Nella famosa pattuglia acrobatica dell’aeronautica militare italiana, Simone ha un compito di primo piano e grande pathos, ricoprendo il ruolo del solista.
È lui che fa impazzire il pubblico con le sue evoluzioni ardite e spettacolari, mentre l’atmosfera circostante viene avvolta dai coreografici fumi colorati di verde, bianco e rosso. La fantasia così si riaccende e pensiamo a Faulkner, al “Piccolo principe” oppure al tema di Icaro e del suo folle volo. Più recentemente cinefili e musicofili ripenseranno a Di Caprio nel film “The aviator” e al “Joe Temerario”, cantato da Ron.
“Non c’è stato alcun evento significativo che mi abbia portato su questa strada – ci spiega invece, il maggiore Simone Cavelli, raggiunto telefonicamente in un momento di pausa delle esercitazioni quotidiane – Certo ricordo la passione per gli aeroplani, che però è nata senza un vero motivo, in famiglia non c’è nessun altro pilota militare o civile. L’unico spunto esterno forse mi è arrivato dalla visione del film “Top gun” da ragazzino”. Nel raccontarsi, Cavelli non evoca però il Tom Cruise dell’America reaganiana di quegli anni. Il giovane pilota rimane saldamente ancorato alla realtà e alla dimensione pragmatica del suo lavoro.
“Rivesto un ruolo nè più facile né più difficile di quello del resto della formazione. La mia figura, in volo, spicca maggiormente, ma ciò non vuol dire che sia la più complicata – sottolinea - Il lavoro che svolgo consiste nel dimostrare le caratteristiche dell’aeroplano ai limiti delle sue potenzialità. A livello più nascosto, io devo fare in modo che gli spettatori abbiano sempre un’esibizione da seguire nei cambi di scena in volo e mi esibisco da solo quando il resto della formazione esce. Così lo spettacolo appare sempre denso di emozioni per il pubblico”.
Lo “spericolato Simone” ci spiega poi come gli show non abbiano nulla di estemporaneo e, da decenni, seguano una “coreografia” fissa e caratteristica. Le esibizioni delle Frecce Tricolori si uniformano, infatti, ad una consuetudine ormai consolidata. “Io e tutti i membri della pattuglia acrobatica ci sentiamo più militari che artisti o uomini di spettacolo – ci spiega con serietà e modestia Simone - anche perché il lavoro che facciamo è si spettacolare, ma lascia ben poco all’inventiva e all’improvvisazione o all’estro del singolo”. Immancabilmente il discorso però cade sul rischio, l’emozione, la paura.
“Proviamo l’adrenalina dello spettacolo, dovuta al fatto di praticare una professione potenzialmente rischiosa – conclude il pilota - L’emozione è presente anche all’idea di esibirsi davanti ad un pubblico, ma siamo fortunati in quanto l’attività che svolgiamo è talmente intensa che, durante il volo vero e proprio, non abbiamo tempo per pensare a quello che accade fuori. Una volta a terra, davanti al pubblico, proviamo sensazioni forti, ma il fatto di essere fisicamente chiusi nel nostro aeroplano, ci protegge e ci permette di essere piuttosto distaccati”.
QUASI CINQUANT’ANNI DI STORIA PER LA “FERRARI” DELLA NOSTRA AERONAUTICA
La Pattuglia acrobatica nazionale (Pan) ha sede a Rivolto di Codroipo (udine), www.aeronautica.difesa.it/pan . Nata nel 1961, ogni anno presenta spettacoli di acrobazia aerea in Italia ed in varie parti del mondo. “Siamo un orgoglio nazionale, e portiamo in giro il nome dell’Italia. Un po’ come la Ferrari”. Spiega convinto Simone Cavelli, a cui chiediamo anche spiegazioni sulle polemiche circolate in passato sul presunto ruolo inquinante dei gas colorati, che sono un elemento fisso nelle loro esibizioni. “Nelle emissioni nell’aria seguiamo le norme italiane e comunitarie – ci tranquillizza - Negli ultimi anni abbiamo adeguato tutti i prodotti che utilizziamo nel fare le scie tricolori. Ne ha perso un po’ la spettacolarità, ma è giusto seguire le regole internazionali”.
Noria Nalli |